Cosa sta succedendo in Egitto negli ultimi mesi? Ă di questi giorni la notizia di un attentato terroristico a Taba contro un pullman di turisti sudcoreani che dal monastero di Santa Caterina, nella penisola del Sinai, si dirigeva verso il confine israeliano. Lâattacco rivendicato dal gruppo terrorista Ansar Bayt al-Maqdis, che ha causato quattro morti, è un gesto di sfida alla campagna militare condotta dallâesercito egiziano contro le basi terroristiche nella regione[1]. LâEgitto ha, infatti, chiuso la frontiera con Israele e rafforzato i posti di blocco di polizia ed esercito su tutte le strade della penisola. Il governo ha anche decretato temporaneamente lo stato di emergenza nel tunnel che passa sotto il Canale di Suez.
La penisola è sotto lâattacco dei terroristi che hanno compromesso due pilastri dellâeconomia egiziana: il turismo ed il gas. A gennaio, infatti, il gasdotto che attraversa la penisola è stato fatto saltare quattro volte ed un quinto tentativo è stato sventato a metĂ febbraio.
Solo poche settimane fa almeno sedici militanti islamici sono statiuccisi in una serie di raid aerei dei militari egiziani nella regione che ha una grande rilevanza strategica, poichĂŠ congiunge il continente africano con quello asiatico. Oggetto di contesa nella Guerra dei Sei Giorni, tra Israele ed Egitto, la penisola del Sinai è ritornata sotto la sovranitĂ egiziana nel 1978 nellâambito degli Accordi di Camp David.
Ad annunciare lâoperazione militare è stato il portavoce delle Forze armate egiziane, il colonnello Ahmed Mohammed Ali, spiegando che i raid hanno preso di mira i nascondigli di âterroristi takfiri estremamente pericolosiâ, in particolare nella cittĂ frontaliera di Sheikh Zuweyid. Il portavoce ha descritto gli obiettivi del raid come âterroristi affiliati ai Fratelli Musulmaniâ, le cui attivitĂ sono bandite in Egitto, in seguito al colpo di Stato militare che ha rovesciato il presidente ed esponente dei Fratelli musulmani, Morsi.
Nella cittĂ frontaliera in questi ultimi anni sono penetrati gruppi islamici che, sotto le insegne dellâentusiasmo generale sortito dalla âPrimavera Arabaâ e grazie allâaccondiscendenza dellâonnipresente Occidente, si sono manifestati nel 2011 attraverso le proteste contro il regime di Mubarak in Egitto, cosĂŹ come per Gheddafi in Libia, per poi mostrare il proprio inquietante disegno di un Islam deviato e sempre piĂš lontano dagli insegnamenti del Profeta Maometto: è attribuita ad un gruppo Salafita, infatti, lâesplosionenella stessa cittĂ di Sheikh Zuweyd di un tempio sufi nel maggio del 2011.
Ma chi sono i Salafiti e cosa si propongono di fare?
Ritornare al puro Islam dei âpii antenatiâ (as-salaf as-sâlihĂŽn), facendo piazza pulita della tradizione scaturita dal Corano e dalla Sunna nel corso dei secoli: è questo il programma della corrente islamica riformista che ha i suoi capostipiti nel persiano Jamal ad-Din al-Afghani (1838-1897), iniziato nel 1878 alla massoneria in una loggia di rito scozzese del Cairo. Di loro ed in particolar modo dellâegiziano Muhammad âAbduh, discepolo di Din al-Afghani, diceva Lord Cramer, uno dei principali architetti dellâimperialismo britannico nel mondo musulmano, nella seconda metĂ del 1800: âSono i naturali alleati del riformatore occidentale, meritano tutto lâincoraggiamento e tutto il sostegno che può esser dato loroâ.
Tra gli altri discepoli di al-Afghani, lâindiano Sir Ahmad Khan sosteneva che âil dominio britannico in India è la cosa piĂš bella che il mondo abbia mai vistoâ ed affermava che ânon era lecito ribellarsi agli inglesi fintantochĂŠ questi rispettavano la religione islamica e consentivano ai musulmani di praticare il loro cultoâ.
Dopo âAbduh, capofila della corrente salafita fu Rashid Rida, che in seguito alla scomparsa del califfato ottomano progettò la creazione di un âpartito islamico progressistaâ in grado di creare un nuovo califfato. Nel 1897 Rashid Rida aveva fondato la rivista âAl-Manarâ, la quale, diffusa in tutto il mondo arabo ed anche altrove, dopo la sua morte verrĂ pubblicata per cinque anni da un altro esponente del riformismo islamico: Hasan al-Banna (1906-1949), il fondatore dellâorganizzazione dei Fratelli Musulmani.
Ma, mentre Rashid Rida teorizzava la nascita di un nuovo Stato islamico destinato a governare la umma, nella penisola araba prendeva forma il Regno Arabo Saudita, in cui vigeva unâaltra dottrina riformista: quella wahhabita.
La setta wahhabita trae il proprio nome dal patronimico di Muhammad ibn âAbd al-Wahhab (1703-1792), che si appassionò agli scritti di un giurista letteralista vissuto quattro secoli prima in Siria e in Egitto, Taqi ad-din Ahmad ibn Taymiyya (1263-1328), che ha accusato piĂš volte il Sufismo di eterodossia ed è ritenuto il âpadre del movimento salafita attraverso i secoliâ. Seguendo le sue orme, Ibn âAbd al-Wahhab e i suoi partigianiconsiderarono come manifestazioni di politeismo la fede nellâintercessione dei profeti e dei santi e considerarono colpevoli della deriva politeista islamica, anche quei musulmani trovati ad invocare il Profeta Muhammad o a pregare vicino alla tomba di un santo. I wahhabiti attaccarono le cittĂ sante dellâIslam sciita, saccheggiandone i santuari; impadronitisi nel 1803-1804 di Mecca e di Medina, demolirono i monumenti sepolcrali dei santi e dei martiri e profanarono perfino la tomba del Profeta; misero al bando le organizzazioni iniziatiche e i loro riti; taglieggiarono i pellegrini e sospesero il Pellegrinaggio alla Casa di Dio[2].
Rientra in questâottica lâesplosione avvenuta nel 2011 nel santuario sufi di Sheikh Zuweyid e rivendicata dai salafiti. Una sistematica distruzione di luoghi di culto islamici che ospitano le spoglie di personaggi considerati âsantiâ dalle popolazioni locali, il cui culto è considerato âblasfemoâ dalla galassia dei âmodernistiâ islamici, dei âsalafitiâ, loro eredi e dei âwahhabitiâ.
A Timbuctu, cittĂ santa del Mali, (patrimonio mondiale dellâumanitĂ per lâUnesco) tali gruppi hanno distrutto moschee e santuari, dopo aver preso il controllo della cittĂ .In Libia, dove oggi i ministri vengono rapiti, le infrastrutture civili e militari sono assediate, gli ufficiali ed i dirigentistranieri vengono sequestrati e spesso eliminati, hanno distrutto la moschea-mausoleo di âabd as-Salam al-Asmarche conteneva circa 5.000 volumi finiti in cenere. A Tripoli hanno demolito un altro importante luogo di culto islamico, il santuario di Sidi Ahmed az-Zarruq trafugando una salma[3].
Qui, i Fratelli musulmani hanno giocato un ruolo importante, organizzando lâopposizione a Muâammar el-Gheddafi e approfittandosi del suo rovesciamento da parte della NATO. CosĂŹ come in Egitto hanno avuto un ruolo fondamentale nella caduta di Mubarak, riuscendo ad ottenere addirittura la presidenza del Paese, seppur attraverso lâoccupazione militare dei seggi elettorali ed il 65% di elettori astenuti. Il tutto sotto la copertura degli osservatori internazionali inviati dagli Stati Uniti e dallâUnione europea. In Sirialâorganizzazione, insieme ai salafiti, è stata fondamentale per la destabilizzazione del Paese sin dallâinizio del conflitto armato.
Unâazione che ha visto una coerente e ripetuta unitĂ dâintenti con lâOccidente ed in primis con gli Stati Uniti. âĂ un dato di fatto â scrive un ex ambasciatore arabo accreditato negli Stati Uniti e in Gran Bretagna â che gli Stati Uniti abbiano stipulato delle alleanze coi Fratelli Musulmani per buttar fuori i Sovietici dallâAfghanistan nel 1979; e che, da allora, non abbiano cessato di far la corte alla corrente islamista, favorendone la propagazione nei paesi dâobbedienza islamicaâ.[4]
Ecco che si esplica in tutta la sua chiarezza il progetto di cantonizzazione etnico-confessionale del Vicino e Medio Oriente, da parte degli Stati Uniti, ovvero lâintento di frammentare quegli Stati-nazione della regione troppo forti ed in grado di coagulare un sentimento patriottico arabo ed islamico. La strategia del divide et impera ha trovato la sua piena attuazione nellâIraq, oggi ridotto ad uno spezzatino e completamente innocuo dal punto di vista della potenza occidentale. Adesso, analoga cura andrebbe somministrata alla Siria, che si presta ottimamente ad essere divisa in vari pezzi, previa eliminazione della dirigenza baâthista; cosĂŹ come lâIran, che andrebbe spezzettato in una serie di staterelli, nei piani della politica mondialista perseguita dagli Stati Uniti; cosĂŹ come stava avvenendo in Egitto, dove Morsi è riuscito a portare il Paese sullâorlo del separatismo utilizzando maniere consolidate per far esplodere il giĂ infuocato crogiolo sociale.[5] I Fratelli musulmani hanno infatti definito, nei loro proclami, âinfedeliâ i sostenitori del presidente siriano Bashar al-Assad, gli sciiti e i cristiani, circa il 15% della popolazione egiziana, aprendo di fatto la via alla guerra civile. Sono moltissimi i casi di cristiani copti uccisi, violentati e le cui chiese furono bruciate sotto il silenzio della âcomunitĂ internazionaleâ.
In Egitto il presidente Morsi non è riuscito, forse consapevolmente, ad affermarsi come il presidente di tutti gli egiziani, ma piĂš modestamente come un ingranaggio della âgrande macchinaâ della Fratellanza Internazionale, operando nellâinteresse di questa. Ha lanciato unâondata di privatizzazioni che riguardavano anche il Canale di Suez, simbolo dellâindipendenza nazionale, attraverso un fittizio movimento per lâindipendenza del Canale completamente finanziato dal Qatar, il quale rappresentava il miglior candidato allâacquisto dello stesso canale.[6]
Durante la sua presidenza il turismo in Egitto si è praticamente rarefatto, lâeconomia è regredita, e la valuta nazionale è precipitata del 20%.
Nel novembre del 2012 il presidente Morsi ha abrogato la separazione dei poteri in Egitto, vietando ai tribunali di contestare le sue decisioni. Poi ha sciolto la Corte Suprema e ha revocato il procuratore generale. Ha abrogato la Costituzione e ne ha fatto redigere una nuova da una commissione da lui nominata, prima di fare adottare questa legge fondamentale in un referendum boicottato dal 66% degli elettori.
Per lâesercito Morsi si è posto al servizio dello straniero: del Qatar che lo ha finanziato con 8 miliardi di dollari in un anno; della Turchia contro il vecchio alleato siriano incitando alla âjihadâ contro gli âinfedeli di Damascoâ, seppure la Siria sia vitale per la sicurezza nazionale egiziana. Durante lâultima visita in Italia il Ministro degli Esteri dellâattuale Governo di transizione egiziano ha affermato in merito allâimportanza della questione siriana per lâEgitto: âAbbiamo entrambi una parte storica nel preservare lâidentitĂ araba, nellâaffermare lo Stato-nazione contro le fratture etniche e settarie. La divisione della Siria destabilizzerĂ lâintera regione. Perciò rappresenta una questione di sicurezza nazionale anche per lâEgittoâ.
Ecco perchĂŠ la potente casta militare ha risposto a quella che ha ritenuto unâingerenza, mettendo pesantemente mano sugli affari civili dellâunico Paese al mondo ad essere stato governato per oltre 3000 anni esclusivamente dai militari, con lâeccezione dellâanno di Morsi. [7]
Il Capo di Stato Maggiore della Difesa, generale âAbd al-Fattah al-Sisi, ritiene che la funzione delle forze armate sia quella di difendere i confini del Paese, non di dichiarare la âguerra santaâ ad altri Stati musulmani. Perciò lâesercito ha permesso lo sviluppo del movimento Tamarrud (âRibellioneâ), che in pochi giorni ha raccolto 15 milioni di firme contro il presidente Morsi, preparandone la sua messa in stato dâaccusa.
Quando le manifestazioni anti-Morsi avevano raggiunto un livello critico, assai superiore ai voti ottenuti dallo stesso Morsi (richiamando 17 milioni di manifestanti), lâesercito è intervenuto per mettere sotto accusa il presidente. Il generale al-Sisi ha incontrato il segretario alla Difesa degli Stati Uniti per assicurarsi che nulla sarebbe stato fatto per mantenerlo al potere, dato che gli Usa hanno ricoperto un ruolo primario nella destituzione di Mubarak e lâaffermazione di Morsi.
Nel frattempo, prima del colpo di Stato militare egiziano, i sauditi stipularono un accordo segreto con lâallora
ministro della Difesa e capo dellâesercito, secondo cui i sauditi, assieme ad altri petro-Stati del Golfo, Kuwait ed Emirati Arabi Uniti, avrebbero garantito il sostegno finanziario anche e soprattutto qualora lâamministrazione Obama avesse tagliato il miliardo e mezzo di dollari in aiuti annuali ai militari egiziani, per rappresaglia contro la cacciata del loro uomo, Morsi. Una chiara risposta alla decisione degli Usa di rovesciare Mubarak, fidato alleato dellâArabia saudita.
Ma la Casa Bianca ha diplomaticamente dichiarato di ânon avere lâobbligo legale di determinare se i militari egiziani abbiano compiuto un colpo di stato nel deporre il presidente Morsiâ, formula che permette agli Usa di continuare a fornire al Cairo il proprio aiuto finanziario in ambito militare. Continuando cosĂŹ ad investire sulla casta militare, la principale e piĂš stabile leva dâinfluenza statunitense e occidentale in Egitto e non solo. Anche se successivamente hanno bloccato una tranche di 500 milioni di dollari in attesa di âprogressi credibili nella formazione di un governo di civili, inclusivo e democraticamente eletto attraverso libere e corrette elezioniâ. Ma solo il tempo ci dirĂ se tale decisione è scaturita dallâapplicazione della legge che vieta il sostegno ai regimi andati al potere violando la Costituzione, o come conseguenza dellâindebolimento economico di Washington [8].
Ă in questo contesto che si inserisce la Russia: la nave ammiraglia della flotta di Mosca nel Mediterraneo, lâincrociatore Varjag, lâ11 novembre 2013 è attraccata ad Alessandria. La prima nave da guerra russa a sostare in Egitto dalla caduta dellâUnione Sovietica. Il 13 e 14 novembre una delegazione russa, guidata dai ministri degli Esteri e della Difesa, ha visitato il Cairo per negoziare la vendita, senza alcuna limitazione, di armi moderne: lâEgitto prevede di acquistarne per 4 miliardi di dollari, compreso materiale che Washington ha rifiutato di fornirgli. La Russia si mette di traverso nelle relazioni tra Egitto e Stati Uniti, dunque, e Vladimir Putin non perde tempo benedicendo la candidatura alla presidenza dellâEgitto del maresciallo âAbd el-Fattah al-Sisi: âSo che ha preso la decisione di presentare la sua candidatura alle presidenziali [âŚ] e le auguro a nome del popolo russo di avere successoâ, ha detto Putin ad al-Sisi giunto a Mosca per discutere di accordi di cooperazione militare [9].
Lo Stato che piĂš di altri ha subito la rapida caduta dei Fratelli musulmani in Egitto è il Qatar, che fin dagli esordi aveva sostenuto Morsi economicamente e attraverso la sua emittente televisiva, al-Jazeera, che ora invoca lâassassinio dei capi militari egiziani. La caduta di Morsi, per il Qatar, rappresenta la fine del progetto di acquisizione del controllo del Canale di Suez.
Dopo la decisione governativa di mettere fuori legge il movimento dei Fratelli Musulmani e arrestare circa duemila dei suoi aderenti, il livello di animositĂ tra gli islamisti e il governo provvisorio guidato dal generale al-Sisi è tornato pericolosamente a salire, e gli scontri tra le forze dellâordine ed i manifestanti pro-Morsi hanno provocato vittime dal Cairo ad Alessandria.
Nel frattempo il generale è stato promosso al grado di maresciallo, il piĂš importante del Paese, ed ha incassato âcon soddisfazioneâ lâinvito del Supremo consiglio militare (Scaf) a candidarsi a ricoprire il ruolo di Capo dello Stato. âIl consenso popolare al maresciallo al-Sisi è un appello che esige di essere accolto, nel quadro della volontĂ liberamente espressaâ, ovvero le prossime elezioni, hanno scritto i militari.
A breve si attende il via allâiter per la presentazione delle candidature, con le dimissioni dello stesso al-Sisi da capo dellâEsercito e del Governo, con la data delle consultazioni elettorali. Ma intanto, il maresciallo si gode unâaltra vittoria: lâapprovazione della nuova Costituzione dove i âSĂŹâ hanno prevalso per oltre il 90% delle preferenze e lâaffluenza alle urne si è attestata al 55%.
Ma la sfida è appena iniziata e solo il tempo ci dirĂ se il Consiglio militare sarĂ in grado di mantenere lâunitĂ nazionale o se, trascinato dal rumore delle armi, imporrĂ unâaltra dittatura.
NOTE
[1] Il gruppo di militanti islamisti Ansar Bayt al-Maqdis ha rivendicato la responsabilitĂ dellâesplosione del bus turistico nel Sud del Sinai, dichiarando che si è trattato di un attacco suicida e minacciando altri assalti contro bersagli rilevanti per lâeconomia. âAnsar Bayt al-Maqdis ha sacrificato con successo uno dei suoi eroi facendo esplodere il bus diretto verso i sionisti: ciò fa parte della nostra guerra economica contro il regime dei traditoriâ, ha dichiarato il gruppo. âCon la volontĂ di Dio, controlleremo questa pericolosa gang di infiltrati e mineremo i loro interessi politici ovunque in modo da impedirgli di fare del male ai musulmaniâ, si legge ancora nella dichiarazione rilasciata dal gruppo.
[2] Claudio Mutti, âLâislamismo contro lâIslam?â, âEurasia â Rivista di studi geopoliticiâ, 20 novembre 2012.
[3] Enrico Galoppini, Chi manovra i âmodernisti islamiciâ?, Cese-m.eu, 20 gennaio 2014.
[4] Claudio Mutti, Lâislamismo contro lâIslam?, âEurasia â Rivista di studi geopoliticiâ, 20 novembre 2012.
[5] Enrico Galoppini, âPrimavera araba o⌠âfine dei tempiâ?, âEurasia â Rivista di studi geopoliticiâ, 23 luglio 2012.
[6] La privatizzazione dellâeconomia egiziana avrebbe raggiunto il suo culmine con la vendita del Canale di Suez, grande fonte di reddito, al Qatar. Vista la resistenza della societĂ egiziana, Doha ha quindi finanziato un movimento separatista nella regione del canale, una sorta di riedizione di ciò che fecero gli Stati Uniti quando crearono il movimento di indipendenza panamense in Colombia.
[7] Governando in Egitto,i Fratelli hanno per lo piĂš dimostrato che il loro slogan âLâIslam è la soluzione!â mascherava male la loro impreparazione e la loro incompetenza. Hanno una lunga e oscura storia di golpisti in molti stati arabi. Nel 2011, hanno organizzato lâopposizione a Muâammar el-Gheddafi e hanno approfittato del suo rovesciamento da parte della NATO. Continuano la lotta armata per conquistare il potere in Siria. Per quanto riguarda la Fratellanza in Egitto, il presidente Morsi ha riabilitato i killer del suo predecessore Anwar al-Sadat e li ha rilasciati. Ha inoltre nominato governatore di Luxor il numero due del commando che proprio lĂŹ vi aveva massacrato 62 persone, per lo piĂš turisti, nel 1997. Inoltre, durante il semplice appello a dimostrare lanciato dai Fratelli affinchĂŠ si riportasse in carica il âloroâ presidente, essi si sono vendicati bruciando 82 chiese copte. Thierry Meyssan, Le public occidental effrayĂŠ par le gĂŠnĂŠral Al-Sisi , Voltairenet.org, 26 agosto 2013
[8] Thierry Meyssan, Vers un monde sans les Ătats-Unis, Voltairenet-org, 15 ottobre 2013.
[9] Thierry Meyssan, LâĂgypte va t-elle sâallier avec la Russie?, RĂŠseau Voltaire, 12 novembre 2013.













